I rimedi di legge per i vizi che emergono solo successivamente alla consegna e anche molto tempo dopo: la garanzia del rivenditore e le altre possibilità.

Vai dal concessionario o da un altro rivenditore autorizzato, vedi un’autovettura usata che ti piace, ti informi bene sulle sue condizioni e sul suo stato d’uso, la esamini, la provi ed infine la acquisti. Tutto bene? No, perché a distanza di qualche tempo – poniamo, dopo qualche mese – l’auto inizia a presentare alcuni gravi difetti di funzionamento.

Allora ti rivolgi al venditore, che però afferma che il veicolo era in perfetto ordine al momento della consegna e ti dice che la colpa ricade su di te, magari perché hai fatto un uso improprio del mezzo o hai trascurato la manutenzione e comunque perché i difetti si sono verificati successivamente e non puoi provare il contrario.

Come puoi tutelarti in questi casi? La risposta arriva da una nuovissima sentenza della Cassazione (Cass. sez. II Civile, sent. n. 13148/20 del 30 giugno 2020). che ha esaminato e deciso un caso del genere: l’acquirente aveva scoperto i vizi dell’auto – che aveva già 140mila chilometri sulle spalle – solo dopo 3 mesi dalla consegna, quando aveva viaggiato con il mezzo percorrendo altri 54mila chilometri, con un uso quotidiano di circa 50 chilometri al giorno.

Un uso eccessivo, eccezionale, secondo la concessionaria citata in giudizio dal malcapitato, che aveva anche portato testimoni a suo favore per dimostrare che l’auto, prima della vendita, era stata accuratamente controllata e risultava perfettamente funzionante. L’acquirente però, dopo aver perso la causa in primo e in secondo grado, ha infine ottenuto ragione dai giudici di piazza Cavour, che hanno applicato alcune norme del Codice del consumo, valevole in questi casi.

Infatti, in base a questa legge ( Art. 130, art. 132 e art. 135 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n.206, “Codice del consumo“). , i vizi dell’auto che vengono denunciati entro sei mesi dall’acquisto si presumono esistenti fin dall’origine e spetta al concessionario dimostrare che il veicolo consegnato non presentava alcun difetto di conformità al momento della vendita e della consegna.

Si realizza, cioè, un’inversione dell’onere della prova: non è l’acquirente a dover dimostrare l’esistenza dei difetti e dei vizi occulti del veicolo, ma è il venditore che deve provare la loro assenza. Per riuscirci dovrà fornire – afferma il Collegio – «la prova liberatoria consiste nella dimostrazione che il difetto non esisteva nel momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione o che all’epoca non era riconoscibile» e richiama anche una sua precedente decisione in tal senso ( Cass. sent. n. 29828 del 20 novembre 2018).

«Il Codice del consumo prevede una presunzione a favore del consumatore», spiega la Cassazione, e aggiunge che gli fornisce «un’agevolazione probatoria, dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio e gravando conseguentemente sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita». L’acquirente, cioè, dovrà soltanto denunciare il difetto al più presto al venditore, senza necessità di dover fornire la prova e neppure di dover indicare la causa precisa degli inconvenienti riscontrati.

«Risulterebbe troppo oneroso per il consumatore, in fase di presentazione della denuncia di non conformità del prodotto, assolvere l’onere probatorio mediante l’allegazione del vizio specifico, che richiederebbe l’accesso a dati tecnici nonché un’assistenza specializzata, che invece si trovano nella più agevole disponibilità del venditore», afferma la sentenza.

Così la normativa stabilita dal Codice del consumo risulta molto più favorevole al privato acquirente e gli fornisce una maggior tutela in casi del genere. Il venditore è responsabile nei confronti dell’acquirente «quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene», dice la legge, ma il consumatore ha l’onere di denunciare al venditore i difetti entro due mesi dalla data in cui li ha scoperti.

Questo regime di massimo vantaggio per l’acquirente, però, opera solo limitatamente al primo periodo di 6 mesi dall’avvenuto acquisto, e consegna, dell’auto: «si presume che i difetti di conformità che si manifestino entro 6 mesi dalla consegna del bene siano sussistenti già a tale data», sottolineano gli Ermellini; dopodiché riprendono vigore le consuete norme del Codice civile sulla ripartizione dell’onere probatorio, secondo cui ciascuna delle parti in causa deve dimostrare i fatti e le circostanze che afferma essere avvenuti.

In quest’ultimo caso, cioè trascorsi i primi 6 mesi, sarà l’acquirente a dover fornire la prova che il difetto fosse già presente al momento dell’acquisto e non, invece, sia sopravvenuto in seguito per altre cause e fattori, ferma restando la possibilità di denunciare i vizi scoperti entro i due anni dall’acquisto (ed entro i due mesi dal momento in cui emergono) ma con una strada più difficoltosa per dimostrare che essi esistevano già alla data della vendita.

Nel caso deciso dalla Corte i vizi meccanici erano emersi, ed erano stati denunciati, dopo 3 mesi dalla vendita, perciò il concessionario è stato ritenuto responsabile di tutti i difetti riscontrati e che gli erano stati riportati dall’acquirente in tempo utile senza aver provveduto ad eliminarli, così costringendolo ad avviare la causa che si è conclusa in modo per lui favorevole.

A norma di legge, la tutela in questi casi consiste nel poter chiedere al venditore la riparazione o la sostituzione del veicolo oppure, se questi non provvede entro un termine congruo o è impossibile farlo, può chiedere la «congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto».



Fonte Paolo Remer
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