Tfr al fondo pensione o accantonamento in azienda: si può modificare la scelta in corso del rapporto di lavoro o con un nuovo lavoro?

Ipotizziamo che un lavoratore dipendente abbia aderito all’accantonamento del Tfr (trattamento di fine rapporto) presso un fondo previdenziale. Se cambia lavoro, ha l’obbligo di mantenere questa opzione o può modificarla? In caso di nuovo lavoro e TFR al fondo pensione si può cambiare la scelta precedentemente eseguita? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Destinazione del TFR al fondo pensione o in azienda

Dal 1° gennaio 2007, ciascun lavoratore dipendente deve decidere entro sei mesi dall’inizio del primo rapporto di lavoro subordinato se destinare il proprio TFR maturando alle forme pensionistiche complementari o mantenere lo stesso presso il datore di lavoro.
La scelta del lavoratore può essere manifestata in modo esplicito o tacito, mediante il cosiddetto silenzio-assenso.

In particolare, entro 6 mesi dalla data di assunzione il lavoratore dipendente può scegliere uno dei seguenti percorsi alternativi:

  • destinare il TFR futuro ad una forma pensionistica complementare. Sono esclusi i lavoratori che abbiano già espresso tale volontà in costanza di un precedente rapporto di lavoro;
  • mantenere in tutto o in parte il TFR futuro presso il datore di lavoro. In tal caso, per i lavoratori di aziende con almeno 50 dipendenti, il TFR non devoluto alla previdenza è trasferito dal datore di lavoro ad un apposito fondo istituito presso l’INPS (Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto, c.d. Fondo tesoreria).

Nel momento in cui il TFR entra nel fondo pensione esso cambia natura, divenendo una componente della posizione individuale costituita presso il fondo. Da ciò deriva che, avendo perduto la sua natura originaria, queste somme non sono più oggetto della garanzia assicurata dal fondo di garanzia costituito presso l’INPS.

In caso di devoluzione dell’intero TFR al fondo pensione, l’accantonamento corrisponde al 7,41% della retribuzione utile per il calcolo del TFR (retribuzione annua utile divisa 13,5), ridotto del contributo per adeguamento pensioni dello 0,50% versato mensilmente dal datore di lavoro e recuperato in sede di accantonamento del TFR. Sul TFR devoluto al fondo, il datore di lavoro non opera le rivalutazioni previste per l’accantonamento presso l’azienda.

Si può cambiare la scelta sulla destinazione del TFR?

Circa la possibilità di modificare la scelta relativa alla destinazione del TFR, la soluzione è diversa a seconda che il trattamento di fine rapporto sia stato destinato alla previdenza complementare (ossia ai fondi pensione) o all’azienda. Vediamo singolarmente queste due ipotesi.

TFR al fondo pensione: si può modificare?

La scelta di destinare il TFR alla previdenza complementare è irreversibile: pertanto il lavoratore non può più optare per il mantenimento del trattamento tradizionale in azienda. La medesima regola vale nel caso di successivi rapporti di lavoro: il dipendente potrà solo scegliere a quale fondo destinare l’accantonamento ma non potrà cambiare idea in merito alla destinazione del TFR, non potendone cioè più chiedere l’accantonamento presso l’azienda.

Come affermato dalla deliberazione della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) del 21 marzo 2007, la scelta già effettuata di destinare il Tfr a previdenza complementare rimane efficace anche nel caso di un nuovo rapporto di lavoro.

Con successive deliberazioni del 24 aprile 2008 e del 25 ottobre 2017, la Covip ha inoltre ribadito che in occasione della nuova assunzione il lavoratore dovrà fornire al datore di lavoro, entro sei mesi dalla data di assunzione, indicazioni circa la forma di previdenza complementare cui intende destinare il Tfr e l’eventuale contribuzione aggiuntiva: considerata la continuità della posizione previdenziale, gli effetti della scelta retroagiranno alla data dell’assunzione.

Per agevolare i rapporti comunicativi tra lavoratori e aziende, la Covip ha tra l’altro disposto che in sede di nuova assunzione il datore di lavoro è tenuto a verificare quale sia stata la scelta in precedenza compiuta dal lavoratore, facendosi rilasciare una dichiarazione nella quale venga indicato se, in riferimento a precedenti rapporti di lavoro, il lavoratore ha conferito il Tfr a una forma di previdenza complementare. Inoltre, continua la Covip, è bene che a tale dichiarazione sia allegata un’attestazione del datore di lavoro di provenienza, o un’altra documentazione comprovante la scelta a suo tempo effettuata (come ad esempio il modello Tfr.1 o il modello Tfr.2). A tal fine, la Covip raccomanda ai datori di lavoro di rilasciare al lavoratore, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, un’attestazione in ordine alla scelta da quest’ultimo compiuta circa la destinazione del Tfr.

TFR in azienda: si può modificare?

Al contrario, il lavoratore che decida di conservare il TFR in azienda sarà chiamato nuovamente ad esprimere la scelta in occasione di ciascuno dei successivi rapporti di lavoro nel corso del primo semestre. Inoltre, egli può in ogni momento modificare la propria decisione e scegliere di aderire ad una forma pensionistica complementare, comunicandolo per iscritto al datore di lavoro (il quale dovrà conservare la documentazione), senza la necessità di utilizzare un apposito modulo a tal fine predisposto. In ragione della rilevanza sociale del problema dell’insufficienza del sistema previdenziale obbligatorio, il legislatore ha previsto il conferimento automatico del TFR alla previdenza complementare per i lavoratori dipendenti che non esprimono alcuna scelta nel semestre utile.

Fonte: Laleggepertutti.it

 

 

WhatsApp WhatsApp Live