Se l’edificio si incendia, crolla o rovina a causa dei lavori di ristrutturazione di uno dei condomini o per un impianto non a norma, gli altri proprietari, rimasti privi di casa, non sono risarciti né dallo Stato, né da un fondo, né dal responsabile.

Se un appartamento in condominio è causa di danni agli altri proprietari, il relativo titolare è tenuto a risarcire questi ultimi. Tale concetto, abbastanza scontato nel caso di infiltrazioni di acqua, macchie di umidità, rumori e danni estetici, risulta difficilmente applicabile quando si tratta, invece, di danneggiamenti gravi, di elevata entità.
Si pensi al caso del condomino dell’ultimo piano che, avviando un lavoro di ristrutturazione senza i dovuti crismi, crei un crollo del tetto sugli appartamenti dei piani sottostanti e il conseguente pericolo di rovina dell’intero edificio. Si pensi anche al caso – tutt’altro che improbabile – di chi dimentichi la stufa accesa o possegga una caldaia non a norma, il cui scoppio incendi intere aree del fabbricato.
Il titolare dell’appartamento che ha causato la rovina dello stabile è – a norma del codice civile – responsabile dei danni prodotti agli altri condomini e tenuto al risarcimento nei loro riguardi, anche se non ha colpa del crollo .

Siamo, tuttavia – com’è facile intuire – nell’ambito dei cosiddetti danni non risarcibili: chi mai, infatti, ha la disponibilità economica per rimborsare tutti i condomini di un intero immobile? L’unica speranza per i danneggiati di recuperare i soldi per la casa distrutta dall’incompetenza e dalla negligenza altrui è di sperare che il responsabile abbia un’assicurazione per danni a terzi legata all’immobile. Il che non avviene quasi mai.

Una lacuna normativa enorme: le nostre case non sono al sicuro non solo da terremoti e da rischi idrogeologici (ad es. crolli dovuti a infiltrazioni sotterranee di acqua), ma anche dall’inettitudine di molti proprietari che – e i recenti fatti di cronaca lo confermano – eseguono ristrutturazioni nominando ditte prive dei titoli, direttori dei lavori che non eseguono gli opportuni controlli o con progetti campati in aria. Emblematico il caso della palazzina a Roma, crollata perché il proprietario dell’ultimo piano aveva fatto abbattere alcuni tramezzi. O il caso dell’edificio caduto poiché, nel corso di alcuni lavori, era “sparita” una colonna portante. Si pensi poi ai numerosi attici, cantine, sottoscala abitati e venduti pur senza l’agibilità. Ed ancora, è il caso di ricordare i numerosi fatti di incendi per impianti non a norma.
Situazioni a volte paradossali, quasi incredibili, ma che espongono le nostre proprietà al rischio enorme di non poter neanche essere rimborsati. In questi casi, infatti, non paga né lo Stato, né un fondo pubblico, né un’assicurazione, né il Comune, né il responsabile (quest’ultimo per mancanza di denaro sufficiente a ricostruire un palazzo, peraltro rimasto anche senza la casa da pignorare).

La nostra legge ha previsto l’assicurazione obbligatoria per i danni da circolazione stradale. Le automobili – come noto – devono essere per forza assicurate per poter transitare su strada. È arrivato il momento di estendere l’obbligo anche agli immobili. Anche per le nostre case dovrebbe essere previsto l’obbligo di una polizza assicurativa per danni a terzi, prima che possano essere abitate. Diversamente, i risparmi di una vita resteranno per sempre alla mercé del primo folle di turno.

WhatsApp WhatsApp Live