La malattia professionale è una patologia determinata da un fattore scatenante che agisce lentamente e progressivamente sul fisico del lavoratore.

A differenza dell’infortunio che è provocato da una causa violenta e repentina, dunque, la malattia professionale è provocata da una causa che agisce con lentezza e nel corso del tempo (cosiddetta causa diluita).

Per potere affermare che quella e solo quella causa ha indotto la malattia professionale, la causa stessa deve avere le seguenti caratteristiche:

  • deve essere connessa al lavoro: la causa che agendo lentamente ha indotto la malattia professionale deve essere collegata al lavoro svolto. Può dunque essere connessa alle mansioni svolte dal dipendente (ad esempio l’autista che viaggia nel bus e contrae una protusione discale) oppure essere determinata dall’ambiente di lavoro (ad esempio il dipendente che lavora in un capannone in cui c’è amianto e contrae un mesotelioma pleurico). In questo caso si parla di rischio ambientale;
  • deve essere diretta ed efficiente, vale a dire idonea a produrre la patologia in modo esclusivo o prevalente. Ciò significa che se quella malattia è stata provocata anche da altre cause esterne al rapporto di lavoro (ad esempio il dipendente che nel tempo libero solleva carichi pesanti e contrae l’ernia del disco oppure il lavoratore che fuma sigarette e contrae il tumore al polmone) occorre valutare quale causa sia stata prevalente. Se la causa prevalente è comunque quella lavorativa allora si potrà parlare di malattia professionale; in caso contrario l’origine professionale della patologia andrà esclusa.

A differenza dell’infortunio, nel quale basta la cosiddetta occasione di lavoro, per configurare una malattia professionale deve esistere un vero e proprio rapporto di causalità, o quantomeno di concausalità, tra il rischio professionale e la malattia.

 

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